12 Dic 2012

La vicedirigenza

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L’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, ha introdotto nell’ordinamento amministrativo la vicedirigenza dello Stato, stabilendo che «la contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l’istituzione di un’apposita separata area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento…»; il predetto articolo è stato ripreso nel decreto attuativo alla legge delega n. 15 del 2009 relativa al pubblico impiego, pertanto l’articolo 17-bis del decreto legislativo 165 del 2001 è rimasto invariato. Con la riforma della dirigenza attuata dalla legge 15 luglio 2002, n. 145 si introduce l’area separata della vicedirigenza che modifica sostanzialmente la struttura del pubblico impiego che, prima dell’introduzione di detta area, vedeva i dipendenti pubblici suddivisi nei due blocchi contrapposti di dirigenti e degli altri dipendenti affidati ad un sistema uniforme di contrattazione collettiva; l’introduzione del termine «separata» per l’area della vicedirigenza rappresenta la volontà del legislatore di non ricomprendere questa categoria nel Contratto di comparto, bensì in una contrattazione specifica; la ratio della norma risiede nell’impossibilità di definire il rapporto di lavoro del personale direttivo mediante gli strumenti utilizzati dal contratto di comparto, in quanto il personale direttivo espleta compiti più vicini a quelli del dirigente piuttosto che a quelli degli impiegati.

La vicedirigenza, pertanto, non è un’area funzionale interna al contratto del personale livellato, bensì un’area contrattuale separata da questo contesto, completamente autonoma oppure inserita, a budget separato, nell’area della dirigenza.

La figura del vicedirigente, indispensabile in una organizzazione efficiente ed efficace, dovrebbe rappresentare l’area dei quadri direttivi dell’Amministrazione italiana, le sentenze pronunciate negli ultimi due anni, non hanno ancora definito un univoco orientamento giurisprudenziale, contribuendo ad una serie di giudicati più o meno favorevoli alla vice dirigenza, e soprattutto esaltando la disparità di trattamento per i dipendenti delle diverse aree geografiche che hanno ricorso.

A fondamento di quanto detto basta leggere la sentenza n. 4399 del 7 marzo 2008 del Tribunale di Roma, nella quale veniva riconosciuto a 82 funzionari del Ministero dei beni culturali e ambientali la qualifica di vicedirigente ed il risarcimento dei danni liquidati in via equitativa in euro 15.000. La sentenza 17 luglio 2009, n. 12847 del Tribunale di Roma che confermava il proprio orientamento in tema di vicedirigenza nell’impiego pubblico, attribuendo un valore immediatamente precettivo all’articolo 17-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, prescindendo dalla disciplina dell’istituto della vicedirigenza in sede di CCNL, e disapplicando l’articolo 8 della legge 15 marzo 2009. Secondo il Tribunale di Roma la lesione della posizione giuridica del lavoratore deriverebbe proprio dall’illegittima inapplicazione della disposizione di legge, nelle more di una disciplina contrattuale che non sarebbe necessaria. L’articolo 17-bis del decreto citato, non sarebbe una norma meramente programmatica, bensì «si tratterebbe di fonte idonea ad istituire direttamente l’area stessa avendo già determinato i requisiti soggettivi dei dipendenti da inserire nella stessa».

E da ultimo la sentenza del Tribunale di Caltanissetta, sezione lavoro del 6 aprile 2011 che torna a riconoscere, nella volontà del legislatore, la rimessione esclusiva per l’istituzione dell’area della vice dirigenza, alla contrattazione collettiva, con il compito di definire altresì i criteri ai quali le parti contraenti devono attenersi per individuare quali dipendenti possano essere inquadrati in detta area.

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